Business plan: il nostro modello
1. Quali competenze per fare un business plan vincente?
La costruzione di un business plan o piano industriale da parte della consulenza richiede tre requisiti fondamentali:
- La conoscenza approfondita delle logiche di gestione e organizzazione – cioè di management – delle aziende, quale che sia il settore di appartenenza e la dimensione;
- La capacità di esplicitare l’idea imprenditoriale e la strategia di business e di razionalizzarle, senza sostituirsi all’imprenditore;
- Il possesso di un adeguato know-how sul processo di pianificazione strategica, nei suoi vari step e strumenti.
Occorre cioè avere una formazione economico-aziendale, saper stimolare e sistematizzare le idee e le intenzioni strategiche dell’alta direzione e dominare la complessa metodologia del management system per eccellenza, cioè il sistema di pianificazione e controllo.
Fare il business plan significa dunque per noi aiutare l’imprenditore e l’alta direzione a chiarire e ordinare le decisioni di business più importanti per lo sviluppo o la sopravvivenza dell’azienda, a definirne le modalità di attuazione, a coglierne le conseguenze e i risultati economico-finanziari, a comunicare alla struttura interna, da un lato, e ai finanziatori o altri stakeholders esterni, dall’altro, l’adeguatezza delle scelte e dei piani d’azione per tradurle in pratica.
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2. Approcci alla costruzione del business plan: aziende in equilibrio, aziende in crisi, startup
La logica di costruzione del business plan è sostanzialmente la stessa per ogni tipo d’azienda, tuttavia comporta un approccio distinto a seconda che, nell’ambito delle imprese, si tratti:
- di un’impresa in funzionamento dotata di equilibrio economico-finanziario, cioè di attitudine propria alla continuità;
- di un’impresa in situazione di crisi o addirittura di insolvenza;
- di una start-up che sta per iniziare il proprio cammino imprenditoriale.
Nel primo caso, l’impresa ha alle spalle un percorso più o meno lungo e consolidato e – per formulare il business plan – si può attingere a un patrimonio di esperienze e informazioni in grado di facilitare (non di estrapolare) il cammino futuro nell’arco di tempo pluriennale contemplato dal piano. Tale cammino è rivolto al consolidamento o al cambiamento del modello di business in essere, ma anche quando comporta un drastico ri-orientamento strategico non soggiace alle esigenze di creditori insoddisfatti.
Nel secondo caso, fermo restando il know-how sulla gestione passata, l’esigenza di salvaguardare gli asset di valore e di garantire la continuità aziendale – se non si vuole andare incontro alle procedure giudiziali previste dalla legge fallimentare – comporta scelte a volte drastiche per invertire i trend economico-finanziari negativi precedenti e un ruolo incisivo del consulente gestionale nel cogliere i sintomi della crisi e nel dare credibilità al piano ai fini del risanamento.
Nel terzo caso, non esiste una strategia realizzata, con il relativo corredo di esperienze e informazioni e a volte il business è completamente nuovo, per cui la cura nell’esplicitazione e sistematizzazione del disegno strategico e nella definizione delle azioni da intraprendere, nonché dei risultati previsti, è ancora maggiore di quando si hanno di fronte imprese in funzionamento.
Come si comprende, fare il business plan è un’operazione complessa e mirata, supportata da competenze rilevanti in materia di management e di sistemi manageriali, che in ogni caso richiede collaborazione stretta tra gli attori di strategie e piani (l’imprenditore e i manager) e la consulenza “industriale” che analizza, stimola, sistematizza le idee e produce il documento finale.
3. Il nostro modello di costruzione del business plan
Il modello di costruzione del piano industriale del nostro studio è allineato alle migliori prassi nazionali e internazionali.
Qui di seguito viene presentato con riferimento alla situazione dell’impresa in funzionamento “normale”, cioè dell’impresa dotata di equilibrio economico-finanziario, avente attitudine alla continuità di gestione.
Un business plan completo richiede alcune fasi e include le seguenti parti:
La strategia in essere
La strategia in essere è la fotografia delle scelte fondamentali di business che hanno caratterizzato la gestione aziendale in anni recenti (ad esempio gli ultimi tre), relativamente ai prodotti, ai clienti/mercati e alle più importanti modalità di attuazione (ad esempio integrazione verticale oppure ricorso a terzi di alcune fasi del processo commerciale e produttivo). Il quadro è completato dai principali indicatori di performance conseguiti, sia di natura contabile (volume d’affari, redditività, liquidità, ecc.) che di natura extra-contabile.
La strategia in essere è la naturale base di partenza per redigere un piano industriale realistico e affidabile. Nello stesso tempo, il data base che essa offre non va inteso come strumento per fare estrapolazioni quantitative da inserire nel bilancio preventivo del piano pluriennale, pena la perdita di concretezza e significatività di quest’ultimo. Fare il business plan non è un’esercitazione quantitativo-contabile basata su formule! Clicca per un esempio
Le intenzioni strategiche
Le intenzioni strategiche sono la traduzione esplicita di un’idea imprenditoriale che spesso è troppo vaga per dare garanzie di affidabilità e realizzabilità. Per renderne possibile l’esplicitazione e – quando necessario – per riformularla, è necessario – da un lato – valutare l’attrattività del business e – dall’altro – verificare il posizionamento competitivo dell’impresa nel medesimo. Cioè occorre accertare se il business ha prospettive di redditività soddisfacenti e se l’impresa ha sufficienti vantaggi competitivi per operarvi con successo. Clicca per un esempio
Mappa strategica e fattori critici di successo
Questa analisi conduce ad un ragionamento articolato sui fattori critici di successo (FCS) e di rischio (FCR) su cui intervenire per raggiungere gli obiettivi di fondo della gestione. Nel nostro modello un ruolo particolare giuoca la mappa strategica di business, che delinea il complesso sistema di obiettivi – sub obiettivi – FCS (e FCR), considerando i quali non solo si esplicita nei dettagli la strategia, ma si traccia una sorta di percorso logico mezzi-fini da seguire per darle attuazione coerente e concreta.
Si riporta un esempio di mappa strategica.
Piani d’azione e progetti operativi
I fattori critici su cui fare leva e i rischi da configurare economicamente o da ridimensionare sono la premessa per definire in modo mirato e selettivo le iniziative strategiche, cioè il piano d’azione, che è il cuore operativo del business plan. Le azioni in oggetto in genere vanno tradotte in precisi progetti, con esplicitazione di fasi, tempi, risorse occorrenti e responsabilità ed è in questa fase della pianificazione che va evitato il rischio di intraprendere iniziative inutili (a volte sbagliate) e, non di rado, di portare avanti progetti dispendiosi intrapresi per emulazione o senza una chiara consapevolezza dell’attitudine che hanno a creare (o a distruggere) ricchezza. Clicca per un esempio
Risultati attesi e bilancio preventivo pluriennale
Solo a questo punto si arriva alla previsione dei risultati attesi (spesso in pratica si sparano improbabili numeri frutto di formule standard non collegate ai tre punti precedenti: intenzioni è mappa dei FCS è piani d’azione). L’output più visibile di tale lavoro è il bilancio preventivo pluriennale (non solo conto economico, ma anche prospetto dei flussi finanziari e stato patrimoniale), integrato dalla stima di altri risultati di natura non contabile.
Il cuore del bilancio preventivo è il conto economico della gestione operativa, cioè del business in senso stretto. Le sue stime condizionano tutti i risultati successivi e richiedono accurati modelli di:
- generazione dei ricavi di vendita
- fabbisogno di risorse e sostenimento dei costi.
Questi modelli prevedono l’uso di algoritmi o formule, alla base dei quali vi sono analisi accurate dei driver che guidano i ricavi e i costi stessi.
Per esempio, in un’impresa di servizi con un portafoglio di clienti che stipulano contratti di durata annuale, con rinnovo tacito salvo disdetta, il modello di generazione dei ricavi richiede che si considerino i contratti in essere e si stimino – in base all’esperienza passata, alle analisi del settore e del mercato e ai programmi di fidelizzazione e di acquisizione dei clienti – le probabili cessazioni e i nuovi contratti. Evidentemente ben diverso è il modello di generazione dei ricavi per un’impresa che produce commesse pluriennali e ha come driver le commesse già acquisite, quelle in trattativa (più o meno probabili) e quelle – di cui non si sa nulla – per coprire in qualche misura la capacità produttiva ancora libera.
D’altro canto, il modello di fabbisogno di risorse e di sostenimento dei costi deve considerare driver e “formule” differenti per i costi diretti di prodotti vecchi e nuovi, per lo svolgimento di attività di supporto alla produzione, per l’esecuzione di attività di carattere generale e per l’attuazione dei progetti strategici di cui si è parlato prima.