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Italia–Principato di Monaco:

Le nuove regole sulla residenza fiscale applicabili in assenza di trattati

 

Generalmente, quando un soggetto è considerato residente fiscale per le norme di due diversi paesi, per dirimere la questione si applicano la convenzioni contro le doppie imposizioni basate sul modello OCSE.

Ma cosa accade quando due paesi non hanno stipulato alcun trattato?

Un esempio concreto e che riguarda svariati italiani per la vicinanza geografica è quanto avviene tra l’Italia ed il Principato di Monaco (basti vedere agli esempi riguardanti i tennisti Matteo Berrettini e Jannick Sinner).

In queste situazioni devono essere applicate le norme domestiche, che possono far emergere situazioni di doppia residenza fiscale.

Vediamo prima cosa accade a partire dall’anno 2024 e poi quali sono le interpretazioni relative all’applicazione della norma domestica nei casi di doppia residenza fiscale fino al 31/12/2023.

Disciplina della residenza fiscale dal 2024

Ai fini delle imposte sui redditi, a partire dal 2024, sono considerate residenti in Italia le persone che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 o 184 giorni), considerando anche la frazioni di giorno (art. 2 co. 2 del TUIR, come riscritto dall’art. 1 del DLgs. 209/2023) alternativamente:

  • hanno la residenza nel territorio dello Stato (“la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”);
  • hanno il domicilio nel territorio dello Stato (per domicilio si intende per “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”);
  • sono presenti nel territorio dello Stato;
  • salvo prova contraria, risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente.

Di particolare interesse, nel nostro caso, è la nuova definizione di domicilio.

Con la nuova norma è stata data priorità alle relazioni personali (quindi famiglia e cerchia di amici), rispetto a quelle economiche e patrimoniali, che sembravano prevalere in precedenza.

A partire dal 2024, quindi, un soggetto che abbia o trasferisca nel Principato di Monaco la propria famiglia e/o le proprie relazioni personali (tra le quali rientrano, ad esempio, le iscrizioni a circoli culturali, club, palestre, organizzazioni politiche) potrebbe avere la tranquillità di non essere considerato residente fiscale in Italia, anche nel caso vengano mantenute nel nostro le proprie relazioni patrimoniali ed economiche (quali investimenti, asset patrimoniali, fonti di reddito ecc.).

Di segno opposto è, invece, la situazione di quei residenti del Principato, costretti a recarsi frequentemente in Italia per motivi famigliari. È il caso, non infrequente, di persone separate o divorziate, i cui figli sono rimasti con l’ex coniuge o di persone che mantengono in Italia i genitori.

È inoltre difficile, nell’ambito delle relazioni personali, determinare quali abbiamo un peso maggiore rispetto ad altre nelle situazioni in cui un soggetto detenga questo tipo di relazioni in entrambi i paesi.

Peso che, invece, era più facile da determinare per quanto riguarda le relazioni patrimoniali.

Disciplina della residenza fiscale fino al 2023

Quali regole valgono, invece, per i casi di doppia residenza fiscale fino al 2023?

La recentissima sentenza della Corte di Cassazione 18.7.2024 n. 19843 ha stabilito che il nuovo concetto di residenza fiscale si applica a fattispecie che si siano verificate a partire dal 01/01/2024, e non anche a quelle formatesi precedentemente ove accertate dall’Ufficio o trattate in giudizio successivamente a tale data.

Anche in queto caso, i fatti in causa sono relativi a una contestazione di residenza nel Principato di Monaco e riguardano i periodi di imposta 2006-2010 con la conseguenza che agli stessi si applica la formulazione dell’art. 2 vigente fino al 2023, per cui la nozione di domicilio fiscale deve rifarsi a quella civilistica (art. 43 c.c.) del luogo in cui la persona ha stabilito la “sede principale dei suoi affari e interessi“.

Con “sede principale dei suoi affari e interessi”, la Cassazione si allinea al filone giurisprudenziale che attribuisce rilevanza al luogo in cui si concentrano gli interessi di carattere economico e patrimoniale, in particolare al luogo in cui la gestione di tali interessi è esercitata abitualmente. Inoltre, la gestione di detti interessi deve essere esercitata in modo “riconoscibile dai terzi”.

Tuttavia si ricorda che tale filone interpretativo non è univoco.

Sulla base di tale principio, per la Cassazione la persona era residente in Italia dal momento che esercitava nel nostro paese cariche sociali in diverse imprese.

Residenza fiscale e Paesi Blacklist

Inoltre il Principato di Monaco, rientrando nella cosiddetta black list, è considerato un paradiso fiscale.

A norma dell’art. 2 co. 2-bis del TUIR, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Paesi a fiscalità privilegiata si considerano residenti in Italia, salvo prova contraria.

In queste situazioni si applica quindi l’inversione dell’onere della prova: è il contribuente che deve dimostrare l’amministrazione finanziaria di essersi effettivamente trasferito a Montecarlo.

Ai fini della dimostrazione dell’effettivo trasferimento della residenza fiscale all’estero, il contribuente potrebbe utilizzare gli elementi di prova individuati nella C.M. 2.12.97 n. 304/E:

  • disponibilità di un’abitazione permanente nel Paese estero adeguata ai bisogni abitativi personali e familiari;
  • stipula di contratti di locazione o acquisto di immobili residenziali adeguati ai bisogni abitativi personali e familiari;
  • pagamento di canoni per la fornitura di servizi (acqua, luce, gas, telefono, ecc.) nel Paese estero;
  • assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia;
  • svolgimento di un rapporto di lavoro a carattere continuativo o di attività economica nel Paese estero;
  • mantenimento della famiglia all’estero, con iscrizione ed effettiva frequenza dei figli in istituti scolastici o di formazione del Paese estero;
  • accreditamento nel Paese estero di proventi ovunque conseguiti e movimentazione di somme di denaro o altre attività finanziarie;
  • possesso all’estero di beni anche mobiliari;
  • eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese estero.

Questo caso ci dimostra che non in tutte le situazioni si applicano le medesime regole.

Il contribuente che per minimizzare il proprio carico fiscale si trasferisce all’estero senza valutare tutte le implicazioni possibili rischia, in caso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, di veder i propri redditi ricondotti a tassazione in Italia, con applicazione di sanzioni ed interessi.

Dottore commercialista e revisore legale

Zeno Brusa

Dottore commercialista e revisore legale

LLM in Fiscalità internazionale – ISDE Barcellona